Quanto modello dovrei aggiungere alla mia reazione PCR?

Sebbene in teoria una molecola di stampo sarebbe sufficiente, per una PCR classica vengono in genere utilizzate quantità di DNA considerevolmente maggiori, ad esempio fino a 1 µg di DNA genomico di mammifero e fino a 1 pg di DNA plasmidico. La quantità ottimale dipende in larga misura dal numero di copie della sequenza target e dalla sua complessità.

Se si utilizza una quantità molto ridotta di stampo, sarà necessario un corrispondente aumento del numero di cicli di amplificazione per ottenere una quantità sufficiente di prodotto. La Taq polimerasi utilizzata per la maggior parte degli esperimenti di PCR non dispone di una funzione di correzione (attività esonucleasica 3'-5'); pertanto, gli errori che si verificano durante l'amplificazione non possono essere corretti. Maggiore è il numero di cicli, maggiore sarà la frequenza di amplificazione di prodotti difettosi. Se, d'altra parte, la quantità di stampo è troppo elevata, aumenterà la probabilità che i primer si appannino ad altre sequenze (non complementari al 100%), così come la formazione di dimeri di primer, con conseguente amplificazione di sottoprodotti. In molti casi, il DNA viene isolato da colture cellulari o da microrganismi e successivamente utilizzato come stampo per PCR. Dopo la purificazione, è necessario determinare la concentrazione del DNA per poter definire il volume necessario per l'allestimento della PCR. Sebbene l'elettroforesi su gel di agarosio possa servire a fornire una stima, questo metodo è tutt'altro che accurato. La spettrofotometria UV-Vis è stata stabilita come il gold standard per la quantificazione degli acidi nucleici; questo metodo diretto e quindi semplice e rapido misura l'assorbanza del campione a 260 nm e la concentrazione viene calcolata con l'ausilio di un fattore di conversione.

Tuttavia, se la concentrazione di DNA è molto bassa (< 1 µg/mL di dsDNA), o se è contaminato da sostanze che assorbono anche nell'intervallo di 260 nm (ad esempio RNA, proteine, sali), questo metodo raggiungerà i suoi limiti. In caso di concentrazioni molto basse, le letture diventeranno presto troppo imprecise per essere utili e le contaminazioni porteranno a una sovrastima (a volte enorme) del valore effettivo. In questo caso, la quantificazione mediante fluorescenza può rappresentare un'alternativa. Questa tecnica si basa sull'uso di un colorante fluorescente che si lega specificamente al dsDNA; solo il complesso composto da acido nucleico e colorante viene eccitato dalla luce, emettendo successivamente luce a una lunghezza d'onda leggermente superiore. In questo caso, l'intensità del segnale fluorescente è proporzionale alla quantità di DNA e, per determinare la concentrazione, viene valutata in relazione a una curva standard. I vantaggi di questo metodo risiedono nella specificità del legame, che esclude le influenze esterne introdotte dalla contaminazione, nonché nella conseguente capacità di rilevare concentrazioni molto basse di DNA. L'idoneità di entrambi i metodi dipende principalmente dalla concentrazione e dalla purezza del campione; in molti casi può persino essere consigliabile applicarli entrambi in parallelo.


Data di pubblicazione: 30-11-2022